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Gli oli extra vergini toscano, umbro e ligure rappresentano meno del 3% della produzione. La differenza tra “provenienza” e “imbottigliamento”

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olive olio

Il 90% dell’extra vergine italiano proviene dalle regioni del sud, soprattutto Puglia, Calabria, Sicilia e Campania che raggiungono da sole il 70%

L’Olio extra vergine di oliva toscano è tra i più apprezzati in Italia e nel mondo, insieme all’olio ligure, umbro e quello delle colline del Garda. Ma come essere sicuri della provenienza delle bottiglie vendute in negozio o al supermercato? Secondo i dati forniti dall’Agea e relativi ai registri di carico e scarico dell’olio del Sian, l’Italia conta tra produttori e confezionatori, 6373 operatori di cui 5716 frantoi e 657 aziende che imbottigliano. Analizzando meglio i numeri si riscontra una storia dell’extra vergine diversa da quella scritta sulle etichette.

 

Basta leggere anche velocemente le tabelle principali del rapporto per rendersi conto che «Il 90% dell’olio di produzione italiana (400 mila tonnellate nei primi nove mesi dell’anno) viene dalle regioni del sud, soprattutto Puglia, Calabria, Sicilia e Campania che raggiungono da sole il 70% – sintetizza Alberto Grimelli, agronomo e tecnico olivicolo-oleario-. Mentre Lombardia, Liguria, Toscana e Umbria insieme arrivano al 6,5% della produzione. Se però si considerano le percentuali relative alla vendita di olio confezionato i valori si invertono. La Toscana produce il 5% dell’olio italiano ma ne imbottiglia il 36%, l’Umbria arriva all’1% ma ne imbottiglia quasi il 20, mentre la Puglia al contrario ne produce il 50% e ne imbottiglia solo il 10%. Il paradosso si raggiunge in Lombardia dove la produzione ha dei valori ridicoli mentre l’imbottigliamento arriva al 10%.

 

olio

La Toscana ospita la maggior parte delle industrie di imbottigliamento, imprese che acquistano olio in diverse regioni italiane, lo miscelano e poi lo vendono confezionato.

L’altra realtà poco conosciuta è che la nostra produzione nazionale è affiancata da una quota simile di extra vergine importato in buona parte da Spagna e Grecia con una quota da altri Paesi come Tunisia, Portogallo e Cile. Se consideriamo la totalità dell’extra vergine lavorato nella penisola gli oli Toscano, Umbro, Ligure e Lombardo rappresentano il 2-3% del prodotto imbottigliato (la metà del quale viene esportato).

 

Ma se la situazione è questa c’è da fidarsi delle bottiglie che sottolineano l’utilizzo di olive italiane o provenienti da regioni come la Toscana, la Liguria…? «Bisogna distinguere tra l’imbottigliamento e la provenienza dell’olio – spiega Grimelli. Se si guardano le tabelle relative alla commercializzazione si scopre che la Toscana è  al primo posto, perché ospita la maggior parte delle industrie di imbottigliamento. Si tratta di imprese che acquistano olio in diverse regioni italiane, lo miscelano e poi lo vendono confezionato. In questo caso non si tratta di olio “toscano”, ma di extra vergine imbottigliato in Toscana.

 

 

olio consumo 2013

La produzione nazionale di extra vergine è affiancata da una quota simile importato in buona parte da Spagna e Grecia

Per capire cosa stiamo comprando ci sono le definizioni in etichetta da leggere con attenzione. Quando si trova la dicitura “prodotto e imbottigliato da…” vuol dire che almeno il 50% dell’olio è effettivamente ottenuto dagli ulivi dell’azienda. Se però sull’etichetta comprare la scritta “imbottigliato” oppure “confezionato” la materia prima  può provenire dalle diverse Regioni. Bisogna prestare attenzione alle formule ambigue: se si legge “prodotto imbottigliato da” l’assenza della “e”, indica che l’olio è stato solo imbottigliato da quell’azienda.

 

olive olio ulivo

Gli oli Toscano, Umbro, Ligure e Lombardo rappresentano il 2-3% del prodotto imbottigliato (la metà del quale viene esportato)

D’altra parte l’extra vergine cambia ogni anno in relazione all’andamento climatico e ad altri fattori collegati al terreno. Nonostante ciò l’olio ha sempre le stesse caratteristiche sensoriali perché le aziende miscelano le varie partite. «Le imprese imbottigliatrici – spiega Grimelli – ogni anno comprano oli con un profilo aromatico simile, e li miscelano in modo da ottenere un prodotto dalle caratteristiche uniformi, riconoscibile dal consumatore. Per questo motivo le grandi industrie dispongono all’interno di gruppi di assaggio in grado di stabilire le miscele e creare un olio stabile dal punto di vista organolettico e chimico».

 

Una legge Europea impone dal 2002 di indicare la provenienza nazionale dell’olio, quindi la frase “olio italiano” indica la provenienza italiana delle materie prime. In caso contrario sull’etichetta compare la frase “miscela di oli italiani e comunitari” oppure “comunitari ed extracomunitari” se la materia prima arriva da Paesi come Tunisia o Cile. «Si tratta di un’informazione importante – nota Grimelli – perché la quantità di materia prima importata, soprattutto da Spagna e Grecia ma anche da Paesi extraeuropei come la Tunisia è più o meno equivalente alla produzione nazionale. Quest’olio si usa sia per le bottiglie vendute nei nostri supermercati, sia per quelle destinate all’esportazione, visto che la presenza di un marchio italiano sull’etichetta è sempre un elemento che fa vendere». È vero che le diciture sono stampate con caratteri tipografici minuscoli sul retro della bottiglia, ma ancora per poco. Dal 1 gennaio 2014 queste frasi dovranno avere un carattere di almeno 3 millimetri.

 

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Gli extra vergini più economici vanno consumati in fretta perché hanno una vita piuttosto breve

L’unica soluzione per essere certi della provenienza è comprare olio DOP (Denominazione di Origine Protetta) e, per quanto riguarda l’olio toscano anche IGP (Indicazione Geografica Protetta). L’olio di provenienza nazionale in genere è un prodotto valido, anche se meno tipico e meno caratterizzato dal punto di vista gustativo rispetto agli oli regionali. «In genere – continua Grimelli – quelli più economici sono di bassa qualità e vanno consumati in fretta perché hanno una “ vita” piuttosto breve».

 

E per quanto riguarda gli oli regionali? Bisognerebbe scegliere in base all’uso: un pesce arrosto richiede un olio più delicato rispetto a quello di una zuppa o di una bruschetta. Ma soprattutto al gusto personale. «Purtroppo – conclude Grimelli- manca una vera cultura dell’olio tanto che alcune caratteristiche come il piccante o l’amaro sono interpretate come difetti e non come indice di un prodotto di qualità fresco e quindi ancora ricco di polifenoli, importanti dal punto di vista nutrizionale». C’è un ultimo aspetto da sottolineare, gli oli più profumati permettono di risparmiare sulla quantità di condimento da aggiungere al piatto per insaporirlo, a tutto vantaggio della dieta e del portafoglio.

 

Paola Emilia Cicerone e Roberto La Pira

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com


Cereali e legumi pronti in due minuti. Pedon lancia le creme vellutate “Purezze”: biologiche, rapide ma un po’ care

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zuppa legumi ceciSugli scaffali del supermercato c’è un nuovo prodotto che consente di preparare una crema vellutata di cereali e legumi in soli due minuti. Si tratta della linea Purezze proposta da Pedon, un’azienda veneta con una grande esperienza nel settore dei cereali, legumi e semi che produce prodotti a marchio per molte insegne di supermercato come: Esselunga, Auchan, Simply e Despar. L’aspetto più interessante è l’assortimento che spazia dal tradizionale mix di cereali e legumi, a prodotti con un contenuto di servizio molto elevato caratterizzati da un elemento comune la semplicità.

 

logo-pedon-legumiIl servizio in più offerto al cliente riguarda la precottura che permette di ridurre al minimo i tempi di lavoro in cucina. Pedon aveva già presentato tempo fa la marca Salvaminuti composta da cereali e legumi pronti in 10 minuti. Le tre nuove proposte permettono di preparare creme vellutate o purè di ceci, di piselli oppure di cereali e legumi in pochissimo tempo. Basta sciogliere in acqua la farina contenuta nella confezione, fare alla bollire per 2 minuti e servire con un filo d’olio. Oltre alla rapidità di cottura, i preparati sono senza glutine, non contengono additivi, e gli ingredienti sono unicamente biologici.

 

Il packaging è minimalista: una busta trasparente ricca di informazioni con i suggerimenti per la preparazione, la tabella nutrizionale e una serie di  simboli che sottolineano le caratteristiche del prodotto (fonte di proteine, fonte di ferro, ricco di fibre, senza sale). Un particolare interessante riguarda la tacca sulla busta per indicare quanta farina serve per una porzione. Le Purezze  si conservano a temperatura ambiente per 15 mesi.

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Il prezzo è di quasi 2 euro, forse un po’ alto per due piatti di vellutata, anche se bisogna considerare la facilità e la velocità della preparazione. Un elemento di criticità è la dimensione dei caratteri tipografici utilizzati nella tabella nutrizionale, che risulta di difficile lettura.

Valeria Torazza

 

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© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Arriva Nutella Bready il nuovo biscotto per la colazione del mattino (in vendita solo a Bari). Ma i grassi sono troppi e anche le calorie (96)

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Gli appassionati dovranno aspettare: Nutella Bready per adesso è venduta a Bari e in una regione della Francia

Per gli amanti della Nutella è in arrivo una novità che la Ferrero ha chiamato Nutella Bready. Si tratta di «una mini baguette farcita con la famosa crema alle nocciole» che Il Fatto Alimentare è in grado di presentare in anteprima assoluta, dato che si tratta di un prodotto su cui l’azienda sembra voler mantenere un certo riserbo.

Il nuovo snack è stato annunciato  all’inizio di aprile dal presidente della Ferrero Francesco Paolo Fulci, sottolineando la necessità di «resistere alla crisi inventando prodotti sempre nuovi».

 

Il prodotto è composto da una sottile cialda ripiena di Nutella che si può consumare in due modi o tal quale  in versione croccante o inzuppata nel latte caldo o freddo.

 

Dal punto di vista nutrizionale si tratta di uno snack di piccole dimensioni, ma inevitabilmente molto calorico.  Un biscotto di Nutella Bready pesa meno di 20 grammi e ma contiene 96 calorie, essendo costituito quasi interamente dalla crema (76% del totale), avvolta in una cialda sottile di pane all’olio. La confezione è un sacchetto in cartoncino leggero con all’interno 8 pezzi incartati singolarmente.

 

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Nutella Bready pesa meno di 20 grammi, contiene 96 calorie ed è  una sorta di cialda di pane all’olio farcito

In sostanza, zuccheri e grassi rappresentano il 70% dell’apporto calorico complessivo. Lo snack è sicuramente goloso ma bisogna stare attenti alle calorie. Due pezzi di Nutella Bready – che secondo quanto scritto sulla  confezione rappresentano un esempio di colazione ideale – accompagnati da una tazza di latte e da un frutto – coprono il 18% della dose giornaliera raccomandata di zuccheri e di grassi saturi. Uno spuntino sicuramente goloso, ma meno equilibrato rispetto a una fetta di pane, meglio se integrale o comunque non all’olio, spalmato con una piccola dose di Nutella.

Come al solito nell’elenco degli ingredienti, Ferrero non specifica qual è l’olio vegetale della crema, anche se è noto l’utilizzo massiccio di olio di palma. Purtroppo anche per l’olio vegetale del pane non viene specificata la tipologia.

 

Il particolare che non piacerà certo ai fans della crema è sapere che Nutella Bready non si trova sugli scaffali del supermercato dove facciamo abitualmente la spesa. Ferrero per il momento vende il prodotto solo a bari e nell’area circostante ad un prezzo orientativo di 2 euro. Secondo alcune notizie lo snack si trova anche in una regione della Francia. Per i più curiosi i punti vendita sono segnalati sul sito internet la nuova colazione.it dove si trovano anche alcune foto e la descrizione accurata del prodotto.

 

Paola Emilia Cicerone

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© Riproduzione riservata

Foto: Lanuovacolazione.it

Il Tonno Rio Mare “Leggero” rispetta le norme sull’etichettatura e ha il 30% in meno di calorie. Aggiornato il sito

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art-riomare-boltonI messaggi promozionali del “Tonno Rio Mare Leggero” sono corretti. Questo quanto sostiene la Bolton, azienda proprietaria del marchio, che risponde all’articolo “Tonno Rio Mare “Leggero”, ma sarà vero? La scatola contiene meno olio e meno calorie, ma per la legge non basta“, pubblicato da Il Fatto Alimentare. Di seguito il testo completo.

 

Abbiamo avuto modo di leggere la lettera di una consumatrice, pubblicata lo scorso 24 maggio sul vostro sito, con cui vengono richieste delle informazioni sul “Tonno Rio Mare Leggero” e la relativa risposta da parte dell’esperto di diritto alimentare Franco Gentile che discute in merito alla correttezza dei messaggi attraverso i quali il prodotto viene promosso.

 

Con la presente Bolton Alimentari, proprietaria del marchio Rio Mare, intende contestare le affermazioni di Franco Gentile ribadendo la totale legittimità e regolarità dei messaggi pubblicitari relativi al prodotto in questione, nel pieno rispetto di quanto previsto dalla legislazione italiana ed europea. Infatti, come da nostro design di prodotto, confermato da analisi svolte da laboratori accreditati, e oltrettutto correttamente riportato da Franco Gentile, il “Tonno Rio Mare Leggero” contiene 7,5 g di grassi per ogni 100 g di prodotto. Questa quantità è da confrontare con i 12 g di grassi contenuti in media nelle conserve di tonno più vendute della categoria Tonno all’Olio (di oliva ed extravergine di oliva) sul mercato nazionale, (v.dati SymphonyIRI Group).

 

rio mare leggero 1La differenza di 4,5 g corrisponde al 37,5% di grasso in meno, dunque una percentuale che si attiene appieno a quanto previsto dalla normativa (almeno il 30% in meno). Ci teniamo a precisare che il campione di riferimento utilizzato è composto dalle prime 12 referenze del mercato, che sviluppano insieme il 90% delle vendite nazionali: si tratta pertanto, di un universo assolutamente rappresentativo del mercato di riferimento, così come previsto dalla legislazione Antitrust vigente. Qualsiasi altro metodo di confronto, come il prendere in considerazione una singola referenza, può dunque risultare fuorviante per il consumatore o addirittura strumentale, oltre a non essere in linea con quanto previsto dall’Autorità Antitrust. A questa pagina del sito Rio Mare sono riportati i dati in questione.

 

Infine, nell’ultimo passaggio della risposta, Franco Gentile avanza dei dubbi anche sulla dicitura “Ideale per chi fa sport”: una critica in merito alla quale Bolton Alimentari ritiene di evidenziare quanto sostenuto anche dagli esperti di NFI (Nutrition Foundation of Italy), i quali sottolineano l’importanza del consumo di pesce per chi svolge un’attività fisica regolare.

Si può osservare infatti che il nostro prodotto Rio Mare Leggero permette anche agli sportivi, categoria notoriamente molto attenta alle caratteristiche nutrizionali dei prodotti che consuma, di poter gustare un prodotto con tutto il gusto del tonno all’olio di oliva tradizionale ma con un tenore di grassi significativamente inferiore e, quindi, un rapporto tra proteine e grassi che nessun prodotto nella categoria dei tonni all’olio di oliva può vantare.

 

Bolton Alimentari S.p.A.

 

Dopo la pubblicazione su Ilfattoalimentare della  lettera  che chiedeva lumi sulla pubblicità del Tonno Rio Mare ‘Leggero’ e della risposta di Franco Gentile,  la pagina web del produttore é stata integrata con le informazioni mancanti.

 

© Riproduzione riservata

Foto: Riomare.it

Olio extra vergine di oliva: la scritta “Bassa Acidità” riportata a caratteri cubitali sull’etichetta è scorretta

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olio de cecco bassa acidita-1Sugli scaffali dei supermercati si trovano spesso bottiglie di olio extra vergine di oliva con la scritta “Bassa Acidità” a caratteri cubitali. Si tratta di una dicitura ammessa  dal regolamento europeo, ma non certo per fare pubblicità al prodotto, come invece accade in alcune bottiglie di marche famose  e in diverse campagne promozionali per invogliare all’acquisto. Ma cos’è l’acidità libera di un olio? Come si misura? E poi la bassa acidità viene realmente percepita dal consumatore?

 

Ecco il video del programma di Consumi&Consumi di RaiNews24, a cura di Vera Paggi in cui Roberto La Pira approfondisce la questione dell’acidità e della qualità dell’olio extravergine d’oliva.

 

 

 

Frutta e verdura “Orto qui”: il nuovo marchio della Coop per i prodotti locali e di stagione solo in Piemonte, Liguria e Lombardia

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Coop-nord-ovest

“Orto Qui” si troverà in Piemonte, Liguria e Lombardia (34 ipermercati, 117 supermercati e 118 piccole medie cooperative)

Coop Consorzio Nord Ovest dal primo giugno introduce nei punti di vendita di Piemonte, Liguria e Lombardia, ortaggi e frutta con un marchio del tutto nuovo, Orto Qui. Si tratta di prodotti locali, coltivati sui territori delle tre regioni del Consorzio. Sono circa 60 referenze che ruotano nell’arco dell’anno anche se la massima presenza sui bancali dei supermercati si riscontra nel periodo giugno-ottobre.

 

La stagionalità, che da sempre rappresenta un limite per i supermercati orientati a standardizzare la propria offerta, adesso diventa un valore. Il progetto Orto Qui è stato sviluppato in 2 anni, lavorando sulle produzioni specifiche cercando di tutelare la biodiversità. La Coop, prima di arrivare al prodotto destinato ai consumatori, ha costruito rapporti con i produttori per  poter offrire un’offerta significativa nei vari  punti vendita (34 ipermercati, 117 supermercati e 118 piccole medie cooperative).

 

OrtoQui Coop

Nei negozi ci saranno cartelloni e indicazioni varie, nonché la presenza dei produttori a rotazione

Una  parte dei consumatori è sicuramente pronta a recepire ortaggi e frutta locale, presente soltanto durante la  stagione del raccolto. L’aumento della consapevolezza sulle origini dei nostri alimenti si deve alla diffusione di concetti come il  km 0, l’impatto ambientale dei trasporti oltre alla maggiore salubrità di un prodotto fresco di raccolto. In questo ambito la comunicazione del progetto Orto Qui ai clienti Coop rappresenta un elemento molto importante per spiegare la filiera corta e tutte le valenze dei prodotti. Nei negozi ci saranno cartelloni e indicazioni varie, nonché la presenza a rotazione dei produttori. Le etichette saranno molto esplicite: il nome di ortaggi, frutti e il produttore verranno indicati chiaramente; la marca Orto Qui con il simbolo circolare sarà accompagnata dalla dicitura “La Coop per il Territorio il Territorio per la Coop”.

 

verdura supermercato

Una parte dei consumatori è pronta a recepire il concetto di prodotto locale, presente soltanto quando è stagione.

È curioso pensare alla nuova tendenza in atto nella distribuzione moderna che torna a valorizzare le differenze nell’offerta dei prodotti dopo aver per anni puntato alla standardizzazione. Per quanto riguarda il prezzo,  Coop Consorzio Nord Ovest promette  che sarà conveniente, e tale da  tutelare consumatori e produttori. La dichiarazione di intenti è di risultare competitivi, e per fare questo basterà confrontare  il listino dei prodotti di Orto Qui con gli altri.

 

 Sara Rossi

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Indovina che cos’è….

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Indovinate cos’è!

L’unica cosa che possiamo dirvi è che ha a che vedere con l’alimentazione…

Svelato il mistero:

noce moscata!

noce moscata

 

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Ancora su Tonno Rio Mare: la pagina web di Rio Mare è stata modificata in seguito al nostro articolo, ma l’azienda precisa

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Tonno Rio Mare leggero

La specifica sul contenuto del 30% di grassi in meno “rispetto alla media del peso sgocciolato era presente

In riferimento alla nota sul “Tonno Rio Mare Leggero” pubblicato su Il Fatto Alimentare, Bolton Alimentari tiene a precisare quanto segue.

 

La specifica sul contenuto del 30% di grassi in meno “rispetto alla media del peso sgocciolato e alla media del contenuto di grassi delle conserve di tonno più vendute nella categoria Tonno all’olio” era presente, unitamente al consiglio di consumo del prodotto per tutti gli sportivi, già prima dell’articolo pubblicato lo scorso 24 maggio dalla vostra redazione. Tale specifica veniva però riportata in una pagina differente rispetto a quella presa in oggetto da Il Fatto Alimentare, ovvero: http://www.riomare.it/it/benefici/riomare-leggero/

La nota non era invece presente nella pagina dedicata alla referenza all’interno della sezione “Prodotti” e presa in oggetto dalla vostra redazione: http://www.riomare.it/it/prodotti/tonno_leggero

Una mancanza che, abbiamo prontamente colmato inserendo inoltre una tabella di confronto sul contenuto di grassi di Rio Mare Leggero rispetto alla media delle conserve di tonno più vendute della categoria Tonno all’Olio (di oliva ed extravergine di oliva) sul mercato nazionale. Quest’ultimo è un aspetto sul quale l’azienda stava già lavorando, a seguito della sentenza della AGCM pubblicata ad inizio anno (Provvedimento N°24032 – PS8283 Galbusera Meno Grassi) nella quale si invita a rendere disponibile ove ve ne è lo spazio (e quindi sostanzialmente sul sito internet) in forma più estesa i dati di confronto.

Bolton Alimentari S.p.A

 

Ecco la risposta di Franco Gentile

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Per chi non disponga dei dati Symphony IRI, invero, non è facile comprendere l’affermazione “meno calorico”

Sono anzitutto cambiate le indicazioni di peso e kcal per lattina di “Tonno Rio Mare Leggero”, atteso che prima si vantava “solo 119kcal per lattina da 70g”, mentre adesso il messaggio è “solo 102kcal per lattina da 60g” (vedi Tabella 1 allegata). Si tratta degli stessi valori in proporzione, ma riferiti a diversa unità di misura.

 

Nel sito sono state aggiunte in un secondo tempo le indicazioni nutrizionali (non erano presenti il 22 maggio; quando avevamo dovuto reperire su Fatsecret.it  i dati ) e la nota “*rispetto alla media del peso sgocciolato e del contenuto in grassi delle conserve di tonno più vendute nella categoria Tonno all’olio (di oliva ed extra vergine di oliva) – Dati di vendita Symphony IRI Group”. Siamo lieti perciò del positivo riscontro di Rio Mare alle nostre osservazioni.

 

Ciò detto – senza neppure dubitare che Rio Mare fondi le proprie affermazioni su dati inequivocabili – riteniamo che sarebbe comunque utile, per trasparenza e corretta informazione nei confronti dei consumatori, aggiungere un riferimento esplicito ai nomi delle “prime 12 referenze del mercato” utilizzate per la comparazione. Tenuto anche conto che i dati di vendita Symphony IRI Group sono informazioni a pagamento, non accessibili.

 

dubbio uomo

I dati di vendita del Tonno Rio Mare sono informazioni non accessibili ai consumatori.

Nel nostro piccolo, non avendo accesso ai suddetti dati, ci siamo limitati a fare una veloce ricerca su internet, di cui si allegano i risultati che mostrano come il valore medio dei grassi nelle confezioni di tonno all’olio d’oliva sgocciolato più comunemente citati sia di 10 / 10,1 g per 100 g.

 

 Chi non dispone dei dati Symphony IRI fatica a comprendere l’affermazione “meno calorico”. Poiché i dati da noi rapidamente attinti sul web – a parte quelli forse non del tutto attendibili del tonno Greci Prontofresco (al quale magari dedicheremo un prossimo articolo) – farebbero invece apparire una differenza di calorie, tra Rio Mare Leggero e gli altri prodotti, che varia tra il 10,53% e 20,19% (vedi Tabella 2 allegata).

È difficile insomma comprendere – senza identificare le “prime 12 referenze del mercato” di cui allo studio Symphony IRI – a quali prodotti ci si sia riferiti per riscontrare la differenza (-30%) che il regolamento CE 1924/06 prescrive quale soglia minima per vantare “meno calorie” o simili diciture.

 

Annotiamo infine che é stata cancellata dall’informazione commerciale la frase “Ideale per chi fa sport”, sulla quale avevamo pure espresso alcuni dubbi.

 

Franco Gentile

© Riproduzione riservata

Foto: Riomare.it, Photos.com


I segreti dell’olio extra vergine italiano: la differenza tra “provenienza” e “imbottigliamento”

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olive ulivo olioL’Olio extra vergine di oliva toscano è tra i più apprezzati, insieme a quello ligure, umbro e delle colline del Garda. Eppure rappresentano meno del 6,5% della produzione nazionale. Mentre ben il 70% proviene da Puglia, Calabria, Sicilia e Campania. I valori si invertono se si considerano le percentuali relative alla vendita di olio confezionato.

 

Un’altra realtà poco conosciuta riguarda la nostra produzione nazionale che è affiancata da una quota simile di extra vergine importato in buona parte da Spagna e Grecia con una quota da altri Paesi come Tunisia, Portogallo e Cile. Ma come essere sicuri della provenienza delle bottiglie vendute in negozio o al supermercato?

 

Ecco il video del programma di Consumi&Consumi di RaiNews24, a cura di Vera Paggi in cui Roberto La Pira approfondisce la questione della produzione e la differenza tra “provenienza” e “imbottigliamento” dell’olio extravergine d’oliva.

 

 

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Foto: Photos.com

Succo d’arancia vero o finto? Le fotografie sono tutte uguali ed è facile confondersi. Spesso il primo ingrediente è l’acqua

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Zuegg propone due confezioni di Skipper con la stessa immagine di un’arancia tagliata a metà

Dopo 20 minuti di spesa e un carrello pieno all’inverosimile, finalmente arrivo nel corridoio delle bevande per acquistare una decina di confezioni piccole di succo d’arancia 100% da bere in redazione nei momenti di relax. Non ci sono! Allora decido di comprare le confezioni da litro e qui comincia la guerra delle etichette perché è davvero complicato individuare il prodotto giusto.

 

Zuegg propone due confezioni di Skipper, praticamente identiche, con la stessa immagine di un’arancia tagliata a metà. La prima reca in basso in modo ben visibile la scritta “arancia”, la seconda “arancia rossa”. Osservando meglio si scopre che sulla prima c’è scritto “succo 100% senza zuccheri aggiunti” mentre sulla seconda non compaiono diciture particolari, perchè si tratta di una bevanda con il 25% di succo di arancia allungato con oltre il 70% acqua e ritoccato con zucchero e alcuni additivi.

 

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Santal propone tre tipi di succhi molto diversi ma le fotografie sulle confezioni sono sono simili e confondono le idee

Sullo scaffale a fianco ci sono tre proposte : Santal Arancia rossa, Santal Ace e Santal 100% arancia  bionda. Anche in questo caso il problema è lo stesso, le fotografie sono molto simili confondono le idee anche se va detto che la scritta  100% arancia  bionda è più visibile. Anche Coop propone lo stesso meccanismo: le fotografie sulle confezioni di Arancia 100% e Arancia rossa sono troppo simili. In  questo caso però la dicitura 100% è sicuramente ben indicata sull’etichetta e le possibilità di errore sono minori.

 

L’assurdo della storia è che i prezzi dei tre succhi Skipper sono pressoché identici tra di loro, e anche il listino dei due succhi Santal e dei succhi Coop sono uguali tra di loro. Insomma nessuna differenza significativa di listino ma grande differenza di prodotto.

 

arancia rossa coop

I prezzi del succo 100% e del succo diluito Coop sono uguali

Quando sull’etichetta compare la scritta 100%, vuol dire che il prodotto è ottenuto da succo di arancia concentrato (in genere importato dal Brasile), che viene diluito con acqua fino ad arrivare alla medesima composizione della spremuta vera. Per le altre confezioni il discorso è molto diverso, si tratta di bevande con il 25-30% di succo diluito con il 65-70% di acqua, zucchero e in qualche caso anche addensanti e coloranti. Nell’elenco degli ingredienti infatti il primo nome e acqua.

Io quando compro non ho dubbi, ma mi rendo conto che fare confusione è molto facile.

 

Roberto La Pira

© Riproduzione riservata

Formaggio emmental: quale scegliere tra Carrefour, Simply o Entremont? Il produttore è lo stesso, poche le differenze ma i prezzi sono molto diversi

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entremont logo

Entremont produce anche il formaggio Carrefour e Simply, le  differenze sono poche ma i prezzi sono molto  diversi

Entremont è un’azienda del settore lattiero caseario che produce formaggi confezionati tipo emmental e rappresenta circa un terzo dei volumi venduti nei supermercati. La società è famosa anche perchè  fornisce formaggio alle grandi catene italiane e straniere. Oggi focalizziamo l’attenzione sull’emmental francese firmato da Entremont e su quello confezionato nella stessa azienda ma marchiato Carrefour e Simply per i punti vendita Simply. È lecito chiedersi quali sono le differenze per questi formaggi, visto che spesso si trovano sullo stesso scaffale e sono prodotti nel medesimo stabilimento localizzato ad Annecy in Francia.

 

Osservando l’elenco degli ingredienti sulle etichette e anche l’aspetto del prodotto fuori dalla busta di plastica, si ha l’impressione di avere di fronte lo stesso formaggio. Gli elementi simili sono tanti: si comincia con tecnica di confezionamento che utilizza il sistema delle atmosfere modificate, poi c’è il peso  identico per tutti i marchi (250 g) e infine gli ingredienti che sono gli stessi: latte pastorizzato, sale, fermenti lattici e coagulante.

 

emmental formaggio

Le tabelle nutrizionali evidenziano una leggera variazione nel contenuto di grassi da un prodotto all’altro, ma si tratta di aspetti secondari

Le tabelle nutrizionali evidenziano una leggera variazione nel contenuto di grassi da un prodotto all’altro, dovuto probabilmente alla materia prima. Ma questo è un fattore secondario visto che si tratta di 5 kcal. L’unica differenza visibile tra il prodotto di marca e gli emmental firmati dalle due catene è rappresentata dalla scritta “stagionatura tradizionale” che compare sulla confezione di Entremont. Su questo punto abbiamo cercato di capire il significato ma non siamo riusciti.

 

Il tipo di stagionatura potrebbe quindi incidere sul prezzo, ma la questione non è molto chiara. A questo punto c’è da chiedersi quanto sia giustificato il prezzo dell’emmental Entremont decisamente superiore rispetto agli altri. Sugli scaffali di Carrefour il prodotto di marca costa il 36% in più (3,34 € contro 2,45 € di quello di insegna), mentre da Simply il 25% di più (3,10 € rispetto a 2,48 €).

 

Claudio Troiani

 

Valori nutrizionali per 100 g di emmental francese

Entremont
emmental entremont
Carrefour
emmental carrefour
Simply (SMA)
emmental simply
Valore energetico 373 Kcal 1.549 KJ Valore energetico 382 Kcal 1.586 KJ Valore energetico 373 Kcal 1.549 KJ
Proteine 28 g Proteine 28 g Proteine 28 g
Carboidrati 0 g Carboidrati 0 g Carboidrati 0 g
Grassi 28 g Grassi 30g di cui saturi 19 Grassi 29 g
Calcio 1.000 mg
Sodio 0,24 g
Sale 0,61 g
Prezzo a confezioneda 250 g:3,34 euro in Carrefour

3,10 euro in Simply

Prezzo a confezione da 250 g: 

2,45 euro

Prezzo a confezione da 250 g: 

2,48 euro

 

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Indovina che cos’è…

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indovinabis

 

Indovinate cos’è!

Possiamo solo dirvi che probabilmente anche voi l’avete in casa…

Svelato il mistero!

Come hanno risposto decine di lettori, si tratta di una preforma di bottiglia di plastica (pet) da 1 litro, prima di essere sottoposta al processo di “soffiatura”. In genere questo formato viene utilizzato per le bottiglie di latte fresco. Grazie a tutti.

indovina soluzione bottiglia

 

© Riproduzione riservata

Pasta senza calorie: arrivano dal giappone spaghettini, riso e “fettuccini” ottenuti da una radice

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miracle noodle fettucciniMangiare un piatto di pasta senza ingrassare di un grammo? È il sogno dei golosi, ed è anche la promessa che arriva da Miracle Noodle, un prodotto in vendita on line, e in alcuni negozi, che promette di realizzare primi piatti gustosi, (quasi*) a calorie zero, da consumare “senza alcun senso di colpa”. Di cosa si tratta? I Miracle Noodle, fabbricati in Giappone, non sono altro che shirataki, un tipo di pasta tipica della cucina locale realizzata con farina estratta dalla radice di konjac (Amorphophallus konjac). Questa pianta è ricca di fibra vegetale solubile, spesso ribattezzata glucomannano, e utilizzata come integratore proprio per la sua capacità di dare un senso di sazietà e di limitare l’assorbimento di carboidrati e grassi.

 

noodle cina asiaIn versione originale gli shirataki – il nome significa “cascata bianca” – sono sottilissimi tagliolini biancastri praticamente insapori. In genere nei negozi di alimenti etnici si trovano diverse marche di questi spaghettini tutte con un bassissimo apporto calorico. La Miracle Noodle ha lavorato gli ingredienti fino a ottenere anche una sorta di “riso” e dei “fettuccini”. Tutte e tre le versioni sono confezionate in una soluzione acquosa con l’aggiunta di idrossido di calcio (E226) come regolatore di acidità. Le istruzioni suggeriscono di risciacquarli prima del consumo, per eliminare l’odore e di bollirli per due minuti prima di ripassarli in padella con il condimento scelto.

 

Si tratta di prodotti piuttosto cari: il kit di prova con 12 pacchetti “monoporzione” nelle tre varianti, ciascuno da 150 grammi, costa 38 euro. Per perdere peso, i produttori consigliano di sostituire un pasto al giorno con i Miracle Noodle, e in generale di ridurre l’assunzione di calorie aumentando anche l’attività fisica.

 

miracle noodle pesoMa il problema è un altro: «Oltre ad assorbire i nutrienti, il glucomannano può ridurre l’assorbimento dei farmaci, compromettendo l’efficacia di una terapia, tanto che gli integratori a base di queste fibre avvertono di tenerne conto», spiega Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione presso l’Università di Bologna. «È importante valutare questo aspetto quando se ne consumano grandi quantità e al contempo si assumono farmaci». In ogni caso, gli shirataki non equivalgono certamente, come esperienza gustativa, ad un piatto di pasta: c’è il rischio di abbondare nei condimenti – seguendo anche le ricette proposte dal sito – recuperando così le calorie risparmiate. «50 grammi di pasta conditi col pomodoro fresco – sottolinea il nutrizionista – sono sicuramente un alimento più equilibrato di un piatto di tagliolini shirataki a calorie zero, conditi con sughi sostanziosi nel tentativo di dargli un po’ di sapore».

 

Ai più curiosi suggeriamo di dare un’occhiata al sito Usa in cui c’è un assortimento più vasto e si può trovare anche la farina di konjac, i capelli d’angelo agli spinaci e addirittura una rivisitazione dei nostrani ziti.

* 5 Kcal per 100g

 

Paola Emilia Cicerone

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com, Bangstyle.com, Miraclenoodle.it

Spazzolini da denti: pessima qualità. I risultati di un test non lasciano scampo. Nessuna tutela per i consumatori

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spazzolini setoleMolte aziende italiane comprano in Cina spazzolini da denti a 20 centesimi l’uno. Poi li confezionano con il proprio marchio e li rivendono a 2-4 euro. Purtroppo nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti mediocri, se non addirittura di pessima qualità. Non bisogna però generalizzare, perché una famosa multinazionale del settore ha trasferito in Cina una parte della produzione, mantenendo gli standard occidentali.

 

La scarsa qualità degli spazzolini è dovuta all’assenza di norme internazionali obbligatorie. L’unica regola riguarda la classificazione delle setole in tre tipologie: morbide, medie e dure. Ma un aspetto molto importante per gli spazzoli è l’arrotondamento delle punte.

 

Ecco il video del programma di Consumi&Consumi di RaiNews24, a cura di Vera Paggi in cui Roberto La Pira approfondisce la questione della qualità degli spazzolini.

 

 

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Sacchetti gelo Conad e Frio: sembrano uguali, ma il prezzo fa la differenza

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sacchetti gelo

Le indicazioni riportate sulle confezioni sono uguali: materiale multistrato, spessore calibrato, laccetti di chiusura, soffietti laterali, etichetta prestampata

I sacchetti gelo, utilizzati per conservare gli alimenti e per la congelazione nel freezer, sono presenti nelle case dell’85% degli  italiani. Nei supermercati, ipermercati e altri piccoli negozi self-service, spesso chi acquista privilegia i prodotti con il marchio della catena. Oggi oltre il 48% delle vendite, corrispondente a circa 46 milioni di euro, spetta alla marca commerciale.

Questo accade perchè molti consumatori considerano le confezioni presenti sugli scaffali, più o meno uguali, essendo anche difficile valutare eventuali differenze basandosi sulle etichette o durante il loro utilizzo. In questa situazione spesso la scelta è determinata dal prezzo.

 

conad sacchetti geloAbbiamo confrontato i sacchetti gelo piccoli in confezione da 100 pezzi  presenti sugli scaffali dell’ipermercato Leclerc-Conad di Savigliano (CN), con l’omologo prodotto marchiato Frio di Comset, l’azienda di Settimo torinese che produce anche per la catena.

Le indicazioni tecniche riportate sulle confezioni sono le medesime: prodotti con materiale multistrato e spessore calibrato, presenza di laccetti di chiusura, soffietti laterali ed etichetta prestampata. L’unica cosa che cambia leggermente è la dimensione. Il prezzo, viceversa varia considerevolmente: 1,85 euro per la confezione da 100 pezzi firmata Conad e 2,99 nel caso di Frio per lo stesso numero di sacchetti.

 

Un altro elemento interessante è che Comset è l’azienda che fornisce i sacchetti gelo alla maggior parte delle catene di supermercati personalizzando la confezione. È questa la missione dell’azienda che dichiara a Il Fatto Alimentare come “… ogni catena può avere esigenze specifiche e quindi prodotti apparentemente uguali possono avere differenze seppur piccole”.

 

frio sacchetti geloIn linea generale, insomma, ogni supermercato si fa fare il sacchetto ad hoc. Conad precisa che “il prodotto è sottoposto a un capitolato specifico, un atto di natura privata sottoscritto tra produttore e fornitore e come tale non divulgabile”. In assenza di parametri tecnici più precisi è difficile individuare eventuali, reali differenze. Certo il divario di prezzo è notevole e non è spiegabile con la sola incidenza dei costi di marketing che inevitabilmente comporta la vendita di sacchetti con il marchio Frio.

Di sicuro il consumatore non percepisce grandi diversità tra un contenitore e l’altro, anche perché a colpo d’occhio sembrano uguali e facilmente si sposta sul sacchetto gelo con il marchio del supermercato che costa molto meno.

 

Claudio Troiani

 

Sacchetti gelo Conadconad sacchetti gelo100 pezzi

Piccoli – 18×28 cm

Capacità 1 litro

Prezzo confezione: 1,85 euro*

Sacchetti gelo Friofrio sacchetti gelo100 pezzi

Piccoli – 19×26 cm

Capacità 1 litro

Prezzo confezione: 2,99 euro*

* rilevato a maggio 2013

 

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Arriva “Coca-Cola life” col tappo verde: la moda dei prodotti “naturali” colpisce la bevanda più famosa del mondo, seguita da Kraft, McDonald’s…

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coca-cola life bottiglia

Coca-Cola Life, con tappo ed etichetta verde scuro, dolcificata con zucchero e stevia, dal contenuto calorico contenuto, pubblicizzata come prodotto naturale

Mangiare e bere naturale è una tendenza dei consumatori di tutto il mondo che le multinazionali cercano di sfruttare proponendo nuovi prodotti salutistici, soprattutto nei settori più critici come le  bevande zuccherate e i fast food.

 

Una delle aziende attenta a questi mutamenti  è Coca-Cola, che nei giorni scorsi, come riferisce Beverage Daily ha lanciato in Argentina la versione Coca Life, con tanto di tappo ed etichetta di colore verde scuro. La vera novità è il dolcificante scelto (in parte  zucchero e in parte  stevia) che permette di dimezzare le calorie  rispetto alla versione classica. Ma quello che conta di più è la scelta di  pubblicizzare la bevanda come prodotto naturale. Per il lancio è stata scelta l’Argentina, paese nel quale il colosso di Atlanta ha circa la metà del mercato, contro il 16% della Pepsi.

 

La Coca-Cola impiega già la stevia in 45 diversi prodotti tra i quali una versione di Fanta. Finora però l’utilizzo prevalente era stato nei succhi di frutta, perché nelle bevande gassate il dolcificante non sembrava assicurare risultati soddisfacenti. Ora sarebbero stati modificati alcuni processi produttivi, fino a ottenere un prodotto ritenuto in grado di reggere il mercato. L’azienda non ha reso noto il lancio eventuale in altri paesi, ma ha ricordato la storia della Coca-Cola Zero, introdotta nel 2005 in Australia e dopo nel resto del mondo. La Pepsi Cola si è dimostrata più scettica, sostenendo che , la stevia nella cola non dà una buona resa, anche se viene impiegata nella versione australiana della Pepsi, chiamata Next.

 

Egg White Delight McMuffin

La nuova versione del Egg White Delight McMuffin, la forma irregolare, simile a quella di un uovo a casa

Il settore delle bibite non è l’unico a muoversi verso prodotti che in qualche modo vengono poi pubblicizzati come naturali. Dell’argomento parla anche la rivista Time, facendo diversi esempi di questa strategia commerciale.

 

McDonald’s  ha modificato l’aspetto del sandwich per la colazione. Nella versione precedente, chiamata EggMcMuffin, l’albume cotto aveva una forma perfettamente circolare, mentre in quella attuale, chiamata Egg White Delight McMuffin, la forma è diventata irregolare e simile a quella che si ottiene cuocendo un uovo a casa.

 

carving board kraft

La Kraft Foods ha impiegato oltre due anni per ottenere delle fette di tacchino più irregolari, che sembrino tagliate a mano

Un altro colosso, la Kraft Foods, ha impiegato oltre due anni a sviluppare un metodo per ottenere fette di tacchino irregolari, per farle sembrare tagliate a mano e non affettate meccanicamente. E, ancora, la catena di pizza Domino’s, ha invitato i propri dipendenti a non preoccuparsi più di tirare la pasta in modo da ottenere teglie dalla forma rettangolare: qualche imperfezione, hanno ricordato i vertici, aiuta la vendita.

 

Secondo Time, gli americani continuano ad amare molto sia i pasti pre-cucinati sia il fast food, ma mostrano sempre più spesso di preferire tutto ciò che appare naturale e non industriale, ovvero fatto a mano, percepito come più sano e autentico. Il risultato più evidente è  il tentativo delle aziende di ottenere prodotti non standardizzati, che ricordano le pietanze casalinghe. Secondo Euromonitor International, negli ultimi cinque anni l’industria del cibo confezionato negli Stati Uniti è cresciuta del 14%, toccando la cifra record di 392,5 miliardi di dollari, e quella specifica del fast food è aumentata del 13%, arrivando a 225,6 miliardi di dollari. In molti casi però l’aspetto dei prodotti è stato modificato per conferire un aspetto più “naturale”.

 

appetite for profitMolti commentatori hanno fatto notare che si tratta soltanto di un maquillage commerciale; tra questi Michele Simon, avvocatessa di alcune associazioni di consumatori e autrice del libro: “Appetite for Profit: How the Food Industry Undermines Our Health and How to Fight Back“, che ha dichiarato a Time: «Tutto ciò non cambia il fatto che gli alimenti restano dei prodotti industriali e le aziende usano questi trucchi per ingannare il pubblico».

 

Agnese Codignola

© Riproduzione riservata

Foto: Cocacoladeargentina.com.ar

Indovina che cos’è…

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Indovinate cos’è!

L’unica cosa che possiamo dirvi è che ha a che vedere con l’alimentazione…
Svelato il mistero:

È il frutto dell’Anacardio (Anacardium occidentale L.). In realtà quello grande è un falso frutto detto “mela d’anacardio”, mentre, la parte piccolina a forma di virgola è il vero frutto chiamato “mandorla o nocciola d’anacardio” composto da un duro pericarpo, contenente un seme oleoso e commestibile.

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© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Il pregiato tonno rosso è scomparso dalla tavola degli italiani. Grazie alla quote pesca e alla certificazione obbligatoria si può ricominciare a consumare

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tonno rosso 4 Il tonno rosso (Thunnus thynnus) è la specie più pregiata, ma raramente si trova nelle pescherie dei supermercati e solo pochi ristoranti lo utilizzano per preparare il menu. Il motivo? Diverse associazioni ambientaliste hanno giustamente focalizzato l’attenzione sui pericoli di estinzione della specie e solo da pochi anni il problema è stato affrontato dall’Ue. L’ICCAT (Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico) nel 2009 ha stabilito regole precise, per ridurre lo sforzo di pesca e permettere il riequilibrio tra le quantità di tonno rosso pescato e la capacità riproduttiva.

 

Oggi però una parte significativa del tonno rosso in commercio arriva da allevamenti, proprio come accade per il salmone norvegese o cileno, per le orate ed i branzini cresciute in Croazia, Grecia e in Italia, i rombi in Spagna e Portogallo, le sogliole in Spagna, la tilapia in Brasile, il pangasio in Vietnam, i gamberi in Thailandia… Questo sistema permette di verificare meglio il rispetto delle regole e la tracciabilità del pescato.

 

tonno rosso 1La particolarità del sistema di allevamento dei tonni è che, non riproducendosi in vasca, i pesci vengono catturati durante la migrazione dall’oceano Atlantico al Mediterraneo. La seconda fase prevede la selezione degli esemplari (quelli di peso inferiore a 40-50 kg vengono liberati) e il trasferimento in grandi vasche situate in mare aperto per l’ingrasso che può durare anni. In genere ogni esemplare incrementa il peso del 35% l’anno e la macellazione avviene quando si superano i 250 kg. Tutti i pesci dopo la macellazione sono identificati e monitorati dalle autorità di controllo per verificare il rispetto delle quote assegnate dall’ICAAT. Ogni tonno per legge deve essere accompagnato lungo la filiera da una sorta di carta di identità (BCD) per controllare il luogo di cattura, l’origine, la specie.

 

Grazie alla politica delle quote di pesca che poteva essere adottata da diversi anni adesso la situazione degli stock ittici sta migliorando. «Il controllo del tonno rosso in Italia è molto serrato – spiega Valentina Tepedino, veterinario e direttore di Eurofishmarket – e il certificato BCD è indispensabile. La norma è chiara, commercianti e ristoratori non possono acquistare tonno rosso privo della documentazione in grado di certificare la tracciabilità e il rispetto delle quote di pesca. Capita però di trovare tonno rosso pescato al di fuori delle quote, spacciato come il meno pregiato tonno a pinna gialla che può essere venduto senza attestato di provenienza e origine, ma i controlli sono severi».

 

tonno rosso 2 La prova si ha sfogliando su internet le notizie sulle sanzioni assegnate nei mercati del pesce quando si cerca di vendere il tonno rosso del Mediterraneo pescato casualmente, come tonno indiano o di altre specie come l’alalunga o il pinna gialla di valore commerciale  inferiore e utilizzato soprattutto per le scatolette. «Premessa la necessità di utilizzare solo canali regolari per l’approvvigionamento del pesce – continua Tepedino – va detto che il tonno rosso rappresenta un’eccellenza per la nostra tradizione gastronomica e meriterebbe di essere presente almeno nel circuito della ristorazione medio-alta, per essere memorizzato dalle nuove generazioni che ormai hanno dimenticato la tipicità». È paradossale sapere che gli italiani mangiano abitualmente le scatolette (1) di tonno a pinna gialla pescato nell’oceano Indiano, mentre all’estero nei migliori ristoranti si mangia il pregiato tonno rosso pescato nel Mediterraneo e spedito poi in tutto il mondo.

La nota dolente del discorso riguarda il prezzo, stiamo parlando di un pesce che al dettaglio costa almeno 60 €/kg!

 

(1) Sulle confezioni di tonno inscatolato in genere non è obbligatorio indicare la specie, così come il tipo di pesca e l’area di cattura, anche se in Italia alcune aziende forniscono volontariamente queste informazioni.

 

Roberto La Pira

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com

Sale da cucina: la qualità deriva dall’origine, ma la differenza più evidente sta nel prezzo che può triplicare anche se il produttore è lo stesso

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Le differenze qualitative sono ottenute attraverso una selezione della materia prima all’origine

Il pacchetto di sale è presente in tutte le case e di solito si mette nel carrello della spesa senza pensare troppo al prezzo. Agli occhi del consumatore risulta un prodotto banale e spesso al supermercato si tende a privilegiare il marchio dell’insegna, tant’è che la cosiddetta marca commerciale rappresenta quasi il 40% dei volumi venduti. Ma vediamo meglio se e quali sono le differenze tra le varie confezioni.

 

Per capire meglio abbiamo confrontato tre confezioni di sale fino vendute in un ipermercato della catena Leclerc-Conad di Savigliano (CN): un primo prezzo (il meno costoso), il sale a marchio Conad e quello della marca “Fior di Sale”, tutti  prodotti dall’azienda Italkali leader del mercato. Osservando attentamente l’etichetta si scopre che gli ingredienti sono gli stessi (sale alimentare o sodio cloruro e antiagglomerante E 536), mentre  cambia lo stabilimento di produzione. Il sale più economico è confezionato da Italkali nello stabilimento di Racalmuto (AG), quello a marchio Conad nel sito di Petralia (PA), mentre Fior di Sale a Margherita di Savoia (BT).

 

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trattandosi di prodotto naturale, le differenze qualitative di carattere chimico-fisico sono difficili da valutare per il consumatore

Un altro elemento rilevante è il prezzo che può quasi triplicare. Il listino indica: 0,19 euro/kg per il sale senza marca, 0,49 euro per Conad, e 0,55 per Fior di Sale. Ci sono poi le diversità di carattere chimico-fisico, anche se per il consumatore è difficile valutarle. Come ci hanno spiegato in Italkali, trattandosi di prodotti naturali, le differenze qualitative sono ottenute  attraverso una selezione della materia prima all’origine. Nei tre diversi siti, l’azienda opera una differenziazione qualitativa della materia prima. Alcuni marchi sono prodotti esclusivamente in un sito produttivo e sono legati al profilo chimico-fisico del giacimento, che determina le caratteristiche finali. Il sale di minor prezzo, oltre ad essere confezionato con materia prima classificata da Italkali di seconda o terza fascia, viene anche prodotto indistintamente nei diversi stabilimenti a saturazione della capacità produttiva. I prodotti a marchio del distributore sono anch’essi legati allo stabilimento scelto dalla catena, come ci ha confermato anche Conad, pur senza fornire specifiche precise sulle caratteristiche.

 

In ogni caso tutto il sale rientra nei parametri di legge per quanto riguarda le caratteristiche di prodotto e le garanzie igienico-sanitarie. Allo stesso modo il consumatore può stare tranquillo anche per quanto riguarda il processo di lavorazione, perché gli standard sono pressoché uguali. Idem per le procedure di controllo. Mentre protocolli specifici e analisi più strette sono dedicate ai prodotti iodati.

 

Claudio Troiani

Sale Fino prodotto da Italkali – 1 Kgsale fino italkali

Origine: giacimenti salini siciliani

Prezzo 0,19 euro

Sale alimentare Fino Conad – 1 Kgsale fino conad

Origine: giacimenti sotterranei

Prezzo 0,49 euro

Fior di Sale prodotto da Italkali – 1 Kgfior di sale italkali

Origine: salamoie naturali

Prezzo 0,55

 

© Riproduzione riservata

Foto: Photos.com, Troiani

Acqua Sant’Anna o Thé Sant’Anna, quell’etichetta è ambigua e confonde i consumatori

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sant'anna the 3Al supermercato ho comprato sei bottiglie d’acqua minerale. Quando sono arrivata alla cassa ho pensato di aver sbagliato, visto che l’etichetta indicava “San thé, vero infuso di thé in acqua Sant’Anna”. Sono tornata indietro e ho chiesto ad un addetto se le bottiglie contenevano acqua o tè. È normale che su un’etichetta dell’acqua che acquisto ci sia la pubblicità di un altro prodotto? Ho fatto qualche foto con il telefono che vi invio, perché mi sembra una cosa da segnalare.

Mariangela

 

Risponde il nostro esperto di diritto alimentare, avvocato Dario Dongo.

 

La funzione legale dell’etichetta è spiegare in modo chiaro la natura e le caratteristiche del prodotto in vendita. In questo caso, come dimostrato dalle sue comprensibili incertezze e dalle foto che ci ha inviato le perplessità sono legittime.

 

acqua sat'anna 4

L’etichetta dell’acqua minerale Sant’Anna è confusa perchè il testo sovrappone la pubblicità del “Thé Sant’Anna” come si può vedere in questa foto

Da oltre trent’anni l’Europa ha stabilito che alcune notizie siano fornite in via obbligatoria su tutte le etichette degli alimenti preconfezionati. Tra queste indicazioni obbligatorie ce ne sono due fondamentali: la denominazione di vendita e la quantità del prodotto che devono essere riportate nello stesso campo visivo, per permettere al consumatore di comprendere in un colpo d’occhio, senza bisogno di ruotare o rovesciare la confezione, il tipo di prodotto e la quantità.

 

L’etichetta dell’acqua minerale Sant’Anna risulta difettosa da questo punto di vista, poiché la quantità (1,5 litri) è indicata su uno dei quattro lati dove però non è presente la denominazione di vendita e quindi non figurano nello stesso campo visivo come dice la norma. In compenso su questo lato troviamo l’immagine e la descrizione del tè Sant’Anna che è una bevanda diversa dall’acqua minerale contenuta nella bottiglia.

 

the sant'anna

È ammissibile sull’etichetta di un alimento la pubblicità di un altro prodotto? Il nuovo regolamento non è proprio chiaro

C’è di più: su entrambi i lati, frontale e retro dell’etichetta, si trova un guazzabuglio d’informazioni testuali e visive. La dicitura “San Thé, VERO INFUSO DI THÉ IN ACQUA SANT’ANNA” risulta addirittura più visibile rispetto alla denominazione di vendita “acqua minerale naturale”. Il consumatore può quindi confondersi e non capire se sta comprando acqua minerale o tè.

 

Si aggiunge un’ulteriore considerazione, su un tema che purtroppo è sfuggito al legislatore. È ammissibile sull’etichetta di un alimento la pubblicità di un altro prodotto? Il nuovo regolamento sull’informazione al consumatore nell’ambito alimentare (vedi anche l’ebook L’etichetta) si limita a dire che le notizie volontarie – come la pubblicità – non devono sottrarre spazio a quelle obbligatorie. Ad avviso di chi scrive, l’applicazione dei requisiti generali di facile comprensione delle informazioni sul prodotto e dell’etichetta, dovrebbero indurre gli operatori che intendano fare pubblicità di un altro prodotto a distinguere le sezioni in modo chiaro, anche dal punto di vista grafico.

 

 Dario Dongo

© Riproduzione riservata

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